Troppi pc e Playstation bimbi senza stress se riscoprono la natura
Ecco le 50 cose che si devono fare prima dei 12 anni
SE AVETE meno di dodici anni e non avete mai corso sotto la pioggia o guardato l’interno di un albero, è bene che iniziate a darvi da fare. A dirlo è il National Trust che, per schiodare i bambini da computer e tv, ha stilato una lista di “50 cose da fare prima degli 11 anni e trequarti”.
COME camminare in equilibrio su un tronco caduto o mangiare una mela appena colta: la maggior parte dei ragazzi non l’ha mai fatto. Solo il 10 per cento ha mai giocato all’aperto contro la metà dei propri genitori. E un bambino su tre non si è mai arrampicato su un albero. Statistiche che hanno portato l’ente britannico a dichiarare guerra a quello che il pedagogista americano Richard Louv ha chiamato “disturbo da deficitdi natura”. «I bambini stanno perdendo le gioie pure e il benessere fisico e mentale che danno l’essere capaci di giocare all’aria aperta e lo sperimentare la natura in tutto il suo caos», ha commentato Fiona Reynolds, direttrice generale della charity britannica per la tutela dei beni culturali e ambientali. Se un tempo ginocchia sbucciate e punture d’ortica erano rischi all’ordine del giorno per i più piccoli, oggi sono davvero pochi quelli che si avventurano fuori di casa. Colpa — secondo una ricerca commissionata dal Trust — più dei loro genitori iperprotettivi che del fascino di videogiochi e tv. «La percentuale di bambini che ha la libertà di gironzolare senza la supervisione di un adulto — prosegue la Reynolds — è diminuita dal 90 per cento dagli Anni ‘70 a oggi. Molti adulti ricordano ancora l’emozione di quei momenti. Bisogna restituirla anche ai loro figli».
Non è un caso se, per redigere la propria lista, il National Trust abbia chiesto ai propri membri di «condividere le memorie d’infanzia che avevano fatto amare loro la natura». I cinquanta punti non sono altro che una selezione dei loro 400 suggerimenti. Perciò includono numerosi passatempi di una volta, come organizzare una gara di lumache o catturare una farfalla, senza però tralasciare sfide più tecnologiche come il “geocaching”, una caccia al tesoro armati di Gps.
Per aiutare i più piccoli a spuntare gli obiettivi dalla lista, che spaziano dal costruire un rifugio all’andare a caccia di fossili, il National Trust ha reclutato degli speciali “Ranger Elite”. Cinque giovani — ribattezzati per l’occasione l’Uomo albero, Capitan sasso, il Ragazzo rifugio, la Cacciatrice di insetti e Mida il cacciatore di tesori — che il prossimo fine settimana metteranno le loro abilità a disposizione delle famiglie in 200 parchi britannici che il Trust aprirà gratuitamente al pubblico. L’obiettivo comune a tutte le attività proposte sarà restituire ai bambini il rapporto con la natura e aiutarli a riscoprire emozioni e sensazioni che la Playstation o la X-Box non possono dare. «I bambini che compiono attività all’aperto — spiega Stephen Moss, autore del rapporto commissionato dalla charity — conoscono più cose, si sentono e si comportano meglio, sono più cooperativi e più in salute fisicamente».
Anna Oliverio Ferraris, docente di Psicologia dello sviluppo
“Giocare all’aria aperta è una terapia serve a non crescere ansiosi e depressi”
LONDRA — «La Gran Bretagna come altri Paesi nordeuropei cerca da tempo di promuovere i giochi all’aperto. L’Italia invece resta indietro». Anna Oliverio Ferraris, docente di Psicologia dello sviluppo alla Sapienza di Roma e autrice insieme alla figlia Albertina del libro
A piedi nudi nel verde, accoglie con favore la campagna del National Trust britannico.
Dottoressa, perché è importante che i bambini giochino all’aperto?
«Perché scoprire la natura è un’attività più complessa di un videogioco. Coinvolge tutti i sensi. E poi il gioco libero aiuta a imparare a prendere decisioni, risolvere i problemi, diventare sicuri di sé, socializzare, regolare le emozioni, controllare la paura e fronteggiare l’imprevisto. Il gioco è anche terapia. Come ha appurato Peter Grey, gli adolescenti che non hanno mai giocato all’aperto da adulti diventano depressi, ansiosi o narcisisti».
È colpa dei genitori o dei videogiochi se i bambini passano più tempo a casa?
«Se toccasse ai bambini scegliere, starebbero in mezzo alla natura perché potrebbero prendere iniziative e, cosa importante, seguire i loro tempi. I bambini cercano i rischi per esplorare i loro limiti. I genitori sono più protettivi sì, ma la loro paura è in parte giustificata perché i pochi spazi giochi che ci sono oggi sono meno sicuri e meno sorvegliati. Ad avere la colpa sono le amministrazioni locali che non hanno capito che il gioco è un bisogno reale».
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